Traduzione a cura di Vanessa Artoni
Nel corso degli ultimi 15 anni, tutti i 50 Stati dell’America hanno approvato leggi anti-bullismo; ciononostante, i risultati di un’indagine del 2011 suggeriscono che circa il 30% degli studenti delle classi dalla sesta alla dodicesima (che corrispondono alla scuola secondaria di primo e secondo grado del sistema italiano) abbia subito atti di bullismo. Alcuni studiosi suggeriscono che il bullismo costituisca la più diffusa forma di violenza a scuola.
Diversi sono i programmi istituiti negli Stati Uniti al fine di prevenire e ridurre il bullismo; tuttavia, tali programmi hanno in generale portato a risultati misti (si vedano Evans, Fraser, & Cotter, 2014; Merrell, Gueldner, Ross, & Isava, 2008).
Un progetto che è riuscito a diminuire la frequenza delle aggressioni verbali e fisiche nei campi di gioco di tre scuole primarie è il Bully prevention in positive behavior support (BP-PBS) (Ross & Horner, 2009).
Il BP-PBS rappresenta un eccellente esempio dell’espansione dei programmi di prevenzione del bullismo la cui efficacia è caratterizzata da un crescente supporto empirico (Sugai, Horner, & Algozzine, 2011). Questi programmi hanno in comune il fatto di “essere progettati in modo da adattarsi a un sistema di supporto del comportamento positivo che interessi l’intero contesto scolastico” (Ross & Horner, 2009, p. 749) o comunque di aderire alle caratteristiche fondamentali del School-Wide Positive Behavioral Interventions and Supports (PBIS; Sugai et al.).
Il PBIS costituisce “una cornice in grado di fornire sia una cultura sociale per l’intera scuola sia ulteriori livelli di supporto comportamentale con la forza necessaria a favorire il miglioramento degli esiti educativi e sociali per tutti gli studenti” (Horner & Sugai, 2015, p. 80). Quale tecnologia fondata sui principi dell’analisi del comportamento (cf., Anderson & Kincaid, 2005), il PBIS si struttura attorno a un modello di prevenzione su più livelli, inizialmente impiegato per i servizi alla comunità (Walker et al., 1996).
Ross e Horner (2009) suggeriscono che “una delle principali ragioni per cui (altri) programmi di prevenzione del bullismo faticano a raggiungere i propri obiettivi risiede nella difficoltà di concettualizzare e misurare il bullismo” (p. 748).
Il bullismo si manifesta in varie forme differenti (e.g., verbali, fisiche, sociali); quello legato alle allergie alimentari, ad esempio, costituisce una forma di bullismo recentemente portata alla luce dai media. La maggioranza delle definizioni del bullismo, comunque, enfatizza tre caratteristiche comuni: l’intenzione di nuocere, lo sbilanciamento di potere, e lo scontro ripetuto (Ross & Horner, 2009).
Sotto il profilo concettualmente sistematico dell’analisi del comportamento (Baer, Wolf, & Risley, 1968), il termine “bullismo” non può essere riferito a una classe di comportamento operante; piuttosto, sembra più connotare un giudizio circa il comportamento (Ross & Horner, 2009), per quanto senza dubbio rimandi a un quadro sindromico socialmente rilevante di comportamento problematico. Il BP-PBS e altri programmi di prevenzione del bullismo fondati sulle componenti fondamentali del PBIS probabilmente ottengono migliori risultati rispetto ad altri programmi di prevenzione in quanto definiscono operazionalmente il bullismo e progettano interventi basati sulla funzione dei comportamenti definiti quali bullismo. Il PB-BPS, ad esempio, si focalizza su una delle funzioni riferite più comunemente al bullismo – l’attenzione dei pari (Ross & Horner; si veda anche Peace, 2016).
Siamo lontani dalla risoluzione del problema del bullismo tra gli studenti nelle scuole. Difatti, è probabile che alcuni tra i sistemi sociali in cui viviamo in realtà supportino comportamenti al di fuori del contesto scolastico che possono essere considerati quali bullismo. Il PBIS, tuttavia, rappresenta un esempio di come “sviluppare una tecnologia di adozione” (Heward, 2005, p. 337) contribuisca a portare l’analisi del comportamento nelle scuole – oltre 21000 scuole statunitensi hanno adottato il PBIS (Sugai et al., 2011) e stanno contribuendo a sottrarre terreno al bullismo.
Vorrei ringraziare il Dottor John Eshleman per i suoi commenti e suggerimenti, che hanno guidato la bozza finale di questo post.
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